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Ingiusta Detenzione

Avvocato Penalista, Risarcimento Ingiusta Detenzione

La riparazione per ingiusta detenzione si configura quale diritto ad ottenere un equo indennizzo dallo Stato per la custodia cautelare sofferta ingiustamente. L’ipotesi prevista dal Codice di Procedura Penale dagli articoli 314 – 315, fa riferimento alla detenzione subita in via preventiva prima dello svolgimento del processo e quindi prima della condanna eventuale. Per cui laddove un soggetto, in attesa di processo, venga privato della libertà e poi assolto, potrà richiedere ed ottenere una somma di denaro che lo ristori dell’ingiustizia subita, per un importo massimo di Euro 516.456,90.

Quando presentare la domanda?

La domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione (315 c.p.p.- 102 norme di attuazione c.p.p.) deve essere presentata, a pena di inammissibilità, entro due anni dal giorno in cui la sentenza di assoluzione o condanna è diventata definitiva, presso la cancelleria della Corte di Appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza o il provvedimento di archiviazione che ha definito il procedimento. Sulla richiesta decide la Corte di Appello con un procedimento in camera di consiglio. Il termine di 2 anni decorre dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento o di condanna è divenuta definitiva, la sentenza di non luogo a procedere è divenuta non più impugnabile o è stata effettuata la notificazione del provvedimento di archiviazione.

Come richiedere il risarcimento?

La domanda può essere avanzata direttamente dall’interessato, con l’obbligatoria assistenza di un avvocato penalista, munito di procura speciale. Il presupposto del diritto ad ottenere l’equa riparazione consiste nella ingiustizia sostanziale o nella ingiustizia formale della custodia cautelare subita.

L’ingiustizia sostanziale

è prevista dall’art. 314, comma 1, c.p.p. e ricorre quando vi è proscioglimento con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. E’ importante tenere presente che, ai sensi del successivo comma 3 dell’art. 314 c.p.p., alla sentenza di assoluzione sono parificati la sentenza di non luogo a procedere e il provvedimento di archiviazione.

L’ingiustizia formale

è disciplinata dal comma 2 dell’art. 314 c.p.p. e ricorre quando la custodia cautelare è stata applicata illegittimamente, cioè senza che ricorressero le condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p. ed i relativi presupposti di legge, a prescindere dalla sentenza di assoluzione o di condanna.

In caso di decesso della persona che ha subito l’ingiusta detenzione?

In caso di decesso è ancora possibile ottenere la riparazione da parte dei parenti del deceduto. Se l’interessato è deceduto, la domanda di riparazione può essere avanzata dal coniuge, dai discendenti e dagli ascendenti, dai fratelli e dalle sorelle, dagli affini entro il primo grado e dalle persone legate da vincolo di adozione con quella deceduta.

Quando non spetta l’indennizzo?

Non ha diritto ad essere indennizzato per l’ingiusta detenzione subita, il soggetto che in qualche modo abbia contribuito a determinarla, con un suo comportamento doloso o gravemente colposo. In alcuni casi è possibile che il diritto alla riparazione sia negato per il fatto che l’imputato si avvalga della facoltà di non rispondere. Si sono registrate decisioni in tal senso, motivate con il fatto che, sebbene tale facoltà rientri nel diritto di difesa, qualora si accerti che proprio da questo silenzio sia derivata la conferma o la durata della privazione della libertà personale, non si può procedere alla riparazione.

A quanto ammonta l’indennizzo?

Quanto alla quantificazione dell’indennizzo, nella valutazione equitativa, che ovviamente non può mai comportare lo sfondamento del tetto massimo normativamente stabilito, dovrà tenersi conto di una serie di elementi: certamente della durata della custodia cautelare ingiusta, della tipologia della misura applicata (la carcerazione è sicuramente più afflittiva e quindi più “indennizzabile” degli arresti domiciliari), ma anche, e non marginalmente delle conseguenze personali, familiari, patrimoniali, morali, scaturite dalla privazione della libertà. Pertanto, all’atto della richiesta, l’interessato non solo dovrà provare di aver subito custodia cautelare e di essere stato successivamente assolto. Ma è sempre bene spiegare e documentare per quanto possibile la natura e l’entità dei danni (materiali e non) subiti in conseguenza della sofferta detenzione.

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